giovedì 16 maggio 2013

Philippe Claudel, Profumi

Lo scrittore francese Philippe Claudel è autore di alcuni tra i libri più intensi apparsi nell'ultimo decennio. Mi riferisco soprattutto a Le anime grigie (Ponte alle Grazie, Milano 2004) e  Il rapporto (Ponte alle Grazie, Milano 2008), romanzi che mettono in luce come nell'essere umano il bene e il male si mescolino indissolubilmente, e come spesso siano le circostanze a far emergere l'uno o l'altro aspetto, non consentendo pressoché ad alcuno di noi di ritenersi del tutto innocente, del tutto "bianco", così come pochi sono completamente "neri": la maggior parte di noi appartiene alla vasta schiera delle "anime grigie", talora vittime, talaltra carnefici, a seconda delle prove che la vita ci propone.

Di tenore del tutto diverso è l'ultima opera che Ponte alla Grazie ha da poco pubblicato: Profumi è infatti una raccolta di brani che ripercorrono la memoria dello scrittore alla ricerca degli odori che lo hanno accompagnato fin dall'infanzia. Ed eccoli là, in ordine alfabetico, dal profumo di Abete che permea l'aria nella regione dei Vosgi, con la resina che "somiglia alle lacrime" (p. 12) e ricorda le pasticche per la gola, all'odore del Viaggio, che permette di "fiutare [...] l'alito dei Paesi nuovi" (p. 166), di città come Istanbul, Marrakech, Assuan, Tiapei, Shangai, Colon...: " I nomi sono poesie. I profumi, delle barche che ci accompagnano in una dolce deriva." (p.166).


E in mezzo, i profumi conosciuti nel tempo, come recita il sottotitolo del libro: Inventario sentimentale degli odori di una vita. Non avevo mai riflettuto su quanto la vita di una persona sia scritta negli odori che l'hanno accompagnata, non meno che nelle cicatrici o nella rughe sulla sua pelle. Alcuni sono comuni a molti di noi, per esempio l'odore di Aula scolastica, un misto di gesso, colla, candeggina, che ci riporta alla mente  l'inchiostro sulle dita, le prime interrogazioni, la paura di sbagliare; o l'odore delle Lenzuola di bucato, in cui le madri hanno "imprigionato il vento" (p. 96) per farle asciugare, e che hanno un "profumo di vasto continente" (p. 97) un odore di "geografia di terra e di vento, selvaggia e vasta, distesa di un'infinità di racconti, di favole, di canti, d'immagini [...]" (ibid.), che fanno di chi vi si addormenta "un viaggiatore celeste e sereno, una creatura vulnerabile che per un momento sa di essere circondata d'affetto e di essere felice". (ibid.).

Altri odori invece sono più esclusivi, meno comuni, nascono dalla particolare esperienza dello scrittore, come per esempio l'odore di Prigione, che nasce dalla memoria degli anni di insegnamento in carcere compiuti da Claudel:

La prigione è una pentola chiusa in cui macerano corpi, anime, sogni, rimorsi e furori.[...] Lì tutto è smorto, attenuato, soffocato e ciò che fuori può espandersi senza limiti ristagna tra i muri spessi, sotto le alte finestre, in quell'arido posto rinserrato fra le sbarre. Imbrigliati, sminuiti, rallentati, i profumi della vita, in prigione, perdono un'ottava. Si smorzano, non riescono a tinnire come dovrebbero. Appena entrati, si sciolgono e si diluiscono." (p. 129).

Alcuni profumi sono legati alla terra dove Claudel è nato, la Lorena, con i suoi boschi, le sue montagne, le sue case: ecco per esempio il profumo di Arenaria rosa, "questa carne dei Vosgi [...] che ha il colore delle labbra delle ragazze" e che, quando è bagnata, "rilascia un profumo quasi floreale, e dolciastro, boschivo, delicato, lievissimo nonostante la massa compatta e pesante della pietra, appena erosa, e la sua età che confonde la sua nascita con quella del mondo" (p.21). E c'è poi l'odore dei Fiumi, quelli dell'infanzia, colmi di ricordi delle ore passate a pescare o a giocare con i coetanei, e quelli della vita matura, odori che si sovrappongono e si confondono, ricreando emozioni legate a tempi e luoghi diversi e lontani:

Ecco allora degli attimi inquietanti in cui le geografie del presente e della memoria si confondono, in cui non ho più età, [...] facendomi rammaricare di essere lì e al tempo stesso rendendomi  felice di potere, a mille leghe dal luogo della mia nascita, mettere le mani su quei frammenti di odori e, come un paziente archeologo con i cocci di un vaso, rabberciare la vecchia quotidianità franta. (p. 83).

E ancora odori di  Aglio, Cannella, Crema solare, Dopobarba, Falò, Letame, Nebbia, Sapone, Terra e tanti altri, che ricostruiscono il cammino delle emozioni nella vita di Philippe Claudel e che potrebbero ispirare a ogni lettore la ricerca del proprio personale itinerario, ripercorrendo le tappe che hanno segnato la sua storia olfattiva ed emotiva. In chiusura di questo libro inconsueto, intimo, quasi una sorta di diario segreto, ecco una citazione, in apparenza ovvia, ma in realtà sorprendente, tratta dalle Memorie di Giacomo Casanova, che con poche parole pone l'odorato, forse il più negletto dei sensi, al centro dell'esperienza umana: «So di essere esistito e, siccome questa certezza mi viene dall'aver sentito degli odori, so anche che non esisterò più quando avrò smesso di sentirne».

Philippe Claudel, Profumi, Ponte alle Grazie, Milano 2013.




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