lunedì 18 febbraio 2013

Pascal Khoo Thwee, Il ragazzo che parlava con il vento

Nonostante il titolo così evocativo, Il ragazzo che parlava con il vento, non è un romanzo, ma l’autobiografia di Pascal Khoo Thwee, un giovane dissidente birmano, la cui testimonianza appassionata ci permette di conoscere più da vicino un paese dell’Asia sud orientale, ancora un po’ misterioso e lontano dai modelli occidentali, da poco riaperto al turismo. Questo libro ha vinto nel 2002 il Kiryama Prize nella categoria no-fiction.


La Birmania, indipendente dalla Gran Bretagna dal 1948,dopo il colpo di stato del 1988, si chiama Myanmar: è lo stato più esteso della penisola indocinese, grande come il Texas o come la Gran Bretagna e la Francia messi insieme, il doppio dell’Italia, con una popolazione di 55 milioni di abitanti, in cui sono riconoscibili circa dieci gruppi etnici. Una repubblica presidenziale, in cui i diritti umani sono molto limitati da un regime militare di stampo socialista. La Birmania è stata al centro dell’attenzione nel mondo grazie a Aung San Suu Kyi, che, arrestata nel 2000, è stata definitivamente liberata solo nel 2010, grazie anche all’intervento precedente di Kofi Amman e di Giovanni Paolo II. Per il suo impegno a difesa dei diritti civili nel 1991 le era stato assegnato il premio Nobel per la pace e, ancora oggi, è un’icona della non violenza e della pace.

In Occidente si è parlato della “ Rivoluzione zafferano”, termine con cui si sono designate le manifestazioni non violente antigovernative, che dal 2007 sono state condotte da monaci buddisti, per obbligare la giunta dittatoriale al potere ad un’apertura democratica e al rispetto dei diritti umani. Il colore zafferano fa riferimento al colore delle vesti dei monaci buddisti. La religione buddista è praticata da quasi la totalità della popolazione: 89% sono buddisti, il 4% cristiani, 4% islamici sunniti, ancora vi sono tracce di animismo. Del resto il titolo originale del libro di cui stiamo parlando è From the land of green ghost, cioè Dalla terra dei fantasmi verdi. Un’odissea birmana che esprime la magia di un paese che non si è stancato di ascoltare la voce degli “spiriti del vento”. E da questo suppongo il titolo italiano, Il ragazzo che parlava col vento.


Pascal Khoo Thwe, in fuga dopo il colpo di stato, dal 1989 vive a Londra, dopo che nel 1995 si è laureato a Cambridge in letteratura inglese. Il libro narra in prima persona la sua storia, dalla nascita fino all’arrivo in Inghilterra. E’ un documento, una testimonianza militante, per far conoscere la storia della sua amata terra, per denunciare violenze e oppressioni subite. Pascal è nato in terra buddista nel 1967, nel sud est del paese, a Phekhon, un agglomerato di circa 30.000 abitanti, in una piccola tribù dei Padaung, convertita al cattolicesimo da un certo padre Carlo, che si era smarrito in Birmania, mentre stava andando in Cina. Phekhon divenne così l’unico paese cattolico della Birmania. “Mi dissero che ero cattolico e che la nostra guida spirituale era il Papa che viveva in un luogo molto lontano chiamato Roma” e dal parroco italiano fu battezzato Pasquale, perché nato a Pasqua. Nasce in una famiglia importante, primo di undici figli, il nonno era il capo di una tribù, e cresce nella sua tribù tra le antiche tradizioni e le nuove cattoliche, tra culti tribali e rintocchi di campane, fa addirittura una breve esperienza per diventare prete. "Volevo diventare un santo, un martire, un guaritore di anime. Visto che non c’erano santi birmani desideravo essere il primo santo della Birmania". Da bambino, gioca nella giungla, sa riconoscere il suono degli animali, la voce del monsone, apprende l’arte della caccia e della pesca, assiste a veglie funebri, ha piena consapevolezza del culto degli antenati e impara a convivere con gli spiriti. 


Tra le figure della sua famiglia spicca soprattutto la nonna, convertita al cattolicesimo, che più volte è ricordata per le collane di anelli d’ottone che portava intorno al collo, che raggiungevano l’altezza di una trentina di centimetri e sostenevano la testa come la pagoda di uno stupa, il tipico monumento buddista. La nonna-giraffa raccontava storie sulla creazione del mondo. Anche le altre”nonne” presenti nel clan erano per i bambini oracoli ed educatrici per le tradizioni e stili di vita, erano le più potenti divinità del clan. La nonna, abile a gestire la casa e a fare il vino di riso, è la prima donna ad influenzare il modo di pensare di Pascal. 

Ogni volta che ascoltavo le storie delle mie nonne mi sembrava quasi di sentire le voci degli avi e di percepire la loro presenza … sono cresciuto non solo tra saggi anziani, ma anche tra spiriti ed elementi magici. La nostra è una religione animista e per noi la presenza dei fantasmi è naturale come lo è la reincarnazione per i buddisti … i due mondi erano sempre intrecciati … i fantasmi e gli spiriti del passato entravano a far parte delle nostre vite quotidiane tramite preghiere e mantra, ed essi vivevano e mangiavano con noi come membri delle nostre famiglie … Gli Yaula erano i nostri guardiani Quando qualcuno muore, i suoi Yaula si trasformano in un fantasma. Presiedono tutte le attività quotidiane. Da questi dipendono salute, temperamento, successo. Le cerimonie legate agli Yaula potevano essere fatte per ricordare i nostri morti e per proteggere le vite di chi era ancora vivo. La chiesa non bandiva le cerimonie animiste, ma si dovevano svolgere in modo contenuto e con rispetto reciproco

Pascal nasce e cresce in una famiglia tranquilla, in una città tranquilla. Il cibo era abbondante, il tempo prevedibile, i raccolti considerevoli … Questo senso di sicurezza lo faceva sentire in paradiso. Ci racconta il suo ingresso nella scuola, il terrore delle punizioni, lo studio dell’inglese prima abolito e poi ripristinato, il sentimento di ribellione verso una scuola in cui l’istruzione consisteva nel lavaggio del cervello da parte della politica. Ci parla della scoperta del pericoloso mondo della giungla controllato dai ribelli, dell’arrivo della modernità a Phekhon con i semafori e 5 automobili in tutto. E le magiche notti di luna, quando la luna piena sembrava un enorme lecca lecca sopra le colline violacee di questo paese di contadini. E le stagioni con i loro odori particolari, il monsone con le sue caratteristiche sonore: la combinazione dei canti degli uccelli, della pioggia, dei tuoni, del vento. Come si catturavano le cicale che, fritte, potevano essere mangiate come i serpenti o gustate come accompagnamento ad altri piatti. Anche le vespe erano commestibili, una vera prelibatezza: la polpa delle vespe giovani era tenera e il gusto era qualcosa di intermedio tra quello delle uova sbattute e i gamberi arrosto. I pipistrelli scuoiati e abbrustoliti avevano lo stesso gusto dei ratti, con carne più delicata della carne dei gatti o dei cani. C’è anche il racconto della morte di una sorella di quattro anni volata via come una farfalla. 
Fin da piccolo Pascal si era chiesto che cosa fosse la morte e più cresceva e meno gli appariva desiderabile.  

Subito la sentivo nei rintocchi funebri o nei colpi sparati in occasione dei funerali. Poi ne avvertivo l’odore nell’incenso delle cerimonie funebri e nei miasmi della decomposizione del corpo… i canti delle veglie funebri stregavano le mie notti… in una notte tranquilla del 1978 i rintocchi funebri di tutte le tre campane insieme annunciano la morte di Paolo VI come se si trattasse della morte di Dio in una Roma da qualche parte vicina al cielo… Nell’arco di 10 anni avrei visto la morte in moltissime sue forme grottesche e violente

A diciassette anni, avendo scoperto di non essere adatto al sacerdozio, decide di andare all’Università a Mandalay, nella Birmania centrale, una terra aliena, regno degli spiriti malvagi, terra dei fantasmi verdi. Arriva dopo un faticoso viaggio di tre giorni con un autobus che si rompeva ogni sei ore. "Ero determinato ad iniziare una nuova vita… La missione della mia vita sarebbe stata aiutare la mia gente ad affermarsi, affermandomi così anch’io". A Mandalay, antica capitale della Birmania, città enorme e impersonale, coltiva l’interesse per la letteratura inglese, che diventa la chiave per svelare i misteri dell’Occidente. Scopre l’amore, conoscendo Moe, devota al buddismo, indipendente, concreta, determinata a non diventare solo un’umile casalinga. Per le sue idee finirà in prigione e poi scomparirà, il suo corpo non sarà mai restituito né trovato. Pascal, suo malgrado, si ritrova coinvolto nelle ripetute manifestazioni contro il regime militare, che si fa sempre più autoritario e violento. Al governo di Ne Win, durato 26 anni, segue quello di Sein Lwin il macellaio. Nel 1988 la rabbia politica si trasforma in insurrezioni sempre più numerose, in cui si sfida l’autorità. Dieci o anche ventimila persone marciano nella città: studenti, monaci artisti, insegnanti, dottori, lavoratori statali. Si racconta di 2000 dimostranti uccisi, di studenti feriti cremati vivi con i morti. Pascal si mantiene, lavorando in un ristorante cinese, dove conosce il dott. Casey, professore a Cambridge, con cui ha modo di utilizzare il suo inglese e di conversare di letteratura . Questo incontro sarà determinante per la sua vita futura. 

Chiusa l’università, dopo quattro anni, che Pascal reputa persi, per avere acquisito un’educazione scadente a causa dei maestri disonesti, dei pochi libri disponibili, distrutto il sogno di diventare professore universitario, torna a casa, ma in lui, da studente a-politico, è maturata la consapevolezza della necessità di agire contro la dittatura. Per questo riparte, dopo essere passato al cimitero per parlare con gli antenati e mettersi nelle loro mani. E così lo ritroviamo nella giungla ruvida e tagliente, quella sempre più profonda, popolata di orsi, cervi, serpenti, scimmie. Grande è la bellezza e il fascino di questi luoghi, in cui è però grande anche la paura di essere divorato da animali selvaggi. Si dirige verso la Thailandia, attraversando luoghi liberati da ribelli di etnie Karemi. Il paesaggio, al di là di boschi di teak, di bambù, di banani selvatici, è sfigurato da villaggi e fattorie bruciate, dal puzzo dei corpi in decomposizione. Duro, difficile il tempo trascorso nella giungla, dove in undici mesi si ammala di malaria, dove è ferito, ma dove riesce anche a ripristinare, a livello epistolare, i rapporti con quel professor Casey incontrato a Mandalay. Sarà lui a introdurlo nel Regno Unito e ad offrirgli un posto per studiare a Cambridge, dove ci sono trenta college. Sperimenterà il suo primo viaggio aereo da Bankhog, il primo vero paia di scarpe, lo champagne, l’uso delle posate, il ronzio del traffico contrapposto alla calma della giungla. Scopre il piacere dello sport: nel suo paese la gente faceva sforzi fisici, come arare, seminare, tagliare alberi per necessità, non per la salute. Nel Regno Unito non si poteva solo esistere, la competitività, e non il cameratismo come nella giungla, era un valore: bisognava essere sempre avanti agli altri, avere sempre nuove conoscenze. Questo lo faceva sentire perso nel mondo moderno. 

 Nel 1994 torna in Thailandia, incontra il padre per l’ultima volta e sente ancora la necessità di fare sacrifici agli spiriti della giungla, di celebrare riti, per chiedere al suo Yarba di tornare con lui in Gran Bretagna e agli spiriti dei morti di accompagnarlo. A Cambridge si laureerà a pieni voti, dopo essersi preparato come per una battaglia, oltre che con una ricerca sulla letteratura tragica, facendosi apprezzare con un testo creativo, in cui parla della sua infanzia e dei costumi della sua tribù. Ritirerà un premio e la laurea, indossando gli abiti tradizionali, orgoglioso di essere il primo Padaunga a laurearsi in Occidente. Forse quel testo sull’infanzia è stato il primo nucleo di Il ragazzo che parlava con il vento, che, intitolato Poesia dell’infanzia, è la prima parte, la più bella e significativa di questa autobiografia, seguita da una seconda parte,  Rivoluzione e fuga, e da una terza, Il salvataggio. Fondamentale in tutto il libro è l’attaccamento di Pascal allo spirito della sua terra, alle tradizioni, che sono ancora quelle di mille anni fa, e il superamento di esse con le contaminazioni cattoliche e occidentali. Affascinata dalla bellezza della Birmania, scoperta attraverso questo testo di Pascal Khoo Thwe, mi piace ricordare una frase di Rudyard Kipling: “Questa è la Birmania; e sarà diversa da ogni altra terra tu possa aver conosciuto”.

 Per chi vuole approfondire la conoscenza della Birmania: 
Aung San  Suu Kyi Lettere dalla mia Birmania. 
Aung San  Suu Kyi Liberi dalla paura (autobiografia).
George.Orwell, Giorni in Birmania.
Alberto.ArbasinoPasseggiando tra i draghi addormentati.
Tiziano Terzani, In Asia.
Tiziano Terzani,  Un indovino mi disse.

Pascal Khoo Thwe, Il ragazzo che parlava col vento, Piemme, 2008.

(Testo di Caterina Fiore)

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