martedì 8 gennaio 2013

Un omaggio a Rita Levi Montalcini

Perché non ricordare anche nel nostro blog di Interculture una donna come RITA LEVI MONTALCINI, prima di tutto con le parole del presidente Napolitano come “luminosa figura della storia della scienza", ma anche come senatrice a vita dal 2001, e scrittrice? Numerosi sono i libri pubblicati in questi ultimi anni. 

Tenacia e caparbietà hanno caratterizzato la vita di una donna che a 30 anni fu costretta ad emigrare e quindi a ritornare a causa delle leggi razziali, a 40 a riemigrare e quindi ritornare dopo 30 anni. Il mondo intero la conosce per essere stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina e la fisiologia. Dal 1901, anno dell’istituzione del premio, sono stati premiati 735 uomini, ma solo 35 donne, in Italia 20 uomini e solo due donne: Grazia Deledda e appunto la Montalcini. Sono state solo 11 le scienziate alla quali è stato attribuito questo riconoscimento per una disciplina scientifica nei settori della fisica, chimica e medicina. Solo undici i Nobel riconosciuti alla scienza femminile, una scelta che ha sicuramente discriminato e penalizzato altre ricercatrici che non l'hanno ricevuto, pur avendo contribuito in modo determinante ai progetti scientifici premiati. La polacca Marie Curie-Sklodowska, grazie ai suoi studi sulla fisica e la chimica, è stata, invece, l’unica scienziata ad ottenerne due. 

Costante e determinante è stato l'impegno della Montalcini in ambito scientifico, ma anche quello per i diritti civili, in particolare a difesa dei diritti delle donne L’impegno per l’avanzamento sociale delle donne è cominciato prestissimo nella sua vita, con la lotta contro il padre per iscriversi all’università.   “Mio padre aveva deciso che mio fratello doveva andare all'Università, mentre le sue tre figlie erano destinate alle scuole femminili, per affrontare il ruolo che spettava loro di future mogli e madri. Alla donna, da bambina, nell'era vittoriana, si insegnava ad essere graziosa e gentile. Che ingiustizia! Ne ho sofferto moltissimo".  Con le leggi razziali, poi, fu costretta a rinunciare al posto di assistente universitaria: non aveva neppure accesso alle biblioteche. Oggi afferma che l'essere ebrea non è mai stato per lei motivo né di orgoglio né di umiliazione: "Non sono ortodossa, non vado mai in sinagoga. Sono totalmente laica, non ho ricevuto alcuna educazione religiosa. Mio padre ci diceva: siate liberi pensatori. Per me quello che conta, in una persona, non è che sia ebrea o cattolica, ma che sia degna di rispetto. Non sono ortodossa, non vado mai in sinagoga. E sono convinta che non esistano le razze, ma i razzisti". 

 Dal 1992 insieme alla sorella gemella Paola ha istituito la FONDAZIONE LEVI-MONTALCINI ONLUS con il motto IL FUTURO AI GIOVANI, per favorire l’orientamento allo studio e al lavoro delle nuove generazioni. Nel 2001 lo statuto è stato modificato, per“ venire in aiuto alle donne dei paesi dove si lotta ogni giorno per la sopravvivenza, “ perché lo sviluppo dei paesi ad alto livello culturale ha dimostrato che l’istruzione è la chiave di volta del progresso di un paese. Fondamentale dunque l’assegnazione di borse di studio alle donne, perché possano continuare a studiare. In particolare la sua attenzione è rivolta all’Africa. Anche per questo si sembrava opportuno che il nostro blog la ricordasse, in occasione della sua morte. In un'intervista ha rivelato che a 20 anni voleva andare in Africa ad aiutare il dottor Schweitzer, per curare i lebbrosi: «Non ho potuto allora, ma adesso che ho oltre cento anni, ho capito che è urgentissimo venire in aiuto delle popolazioni africane che vivono in condizioni disperate. L’Africa è stata depredata dal colonialismo ed è il paese dove gli ultimi sono ancora più ultimi”.

Donne, Africa, giovani, istruzione sono parole chiave dell’impegno della scienziata in questi ultimi anni; fino ai suoi 103 anni con serietà e dedizione ha continuato l’attività di ricercatrice, ma ha promosso anche attività concrete a vantaggio delle popolazioni africane. Oltre che alle donne, la sua attenzione è rivolta ai giovani ricercatori, per evitare che siano costretti ad espatriare. "Oggi i giovani", dice, "devono affrontare realtà drammatiche come la povertà, il razzismo, l'analfabetismo, la negazione dei diritti civili in molti paesi. Lo sviluppo tecnico e scientifico ha aperto spazi sterminati all'esplorazione, e le nuove generazioni potranno utilizzarli al meglio. Non bisogna aver paura dell'informatica, perché da sempre il progresso è portatore di cultura e di democrazia. Occorre sfruttare le potenzialità di Internet per metterle al servizio dei popoli più svantaggiati." 

Questo è il discorso fondamentale di un saggio pubblicato nel 2006 con la collaborazione di Giuseppina Tripodi, I nuovi magellani nell'era digitale: esplora le potenzialità offerte dalla rivoluzione digitale a coloro che definisce, appunto, "i nuovi magellani". "Navigatori sulle vie della conoscenza, paladini della cooperazione globale… È impressionante che nel mondo ci siano 880 milioni di analfabeti. Bisogna dare alle donne la possibilità di usare il cervello, insegnare loro a utilizzare gli strumenti dell'informatica. Adoperarsi in questa direzione è un obbligo. La mia fondazione, di recente, ha attribuito 800 borse di studio alle donne africane nelle varie fasce di età: prescolare, scolare, universitaria e post-universitaria. Per la componente femminile del genere umano è giunto il tempo di assumere un ruolo determinante nella gestione del pianeta. La rotta imboccata dal genere umano sembra averci portato in un vicolo cieco di autodistruzione. Le donne possono dare un forte contributo in questo momento critico”

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