giovedì 17 gennaio 2013

Judy Budnitz, L'altro colore dell'inverno


Nel 2012 la casa editrice Alet ha pubblicato il romanzo L'altro colore dell'inverno, della scrittrice americana Judy Budnitz, libro che nel 1999 fu vincitore dell'Edward Lewis Wallant Award e finalista all'Orange Prize. Dell'autrice, pur spulciando qua e là tra vari siti italiani e americani, non sono riuscita a sapere molto, se non che, nata nel 1973, è cresciuta ad Atlanta, ha studiato all'Università di Harvard e attualmente vive a S. Francisco.

In Italia questa scrittrice di grande talento giunge con incomprensibile ritardo (il primo suo libro pubblicato, sempre presso Alet, è la raccolta di racconti L'odore afrodisiaco del cloro, del 2005, ma uscito da noi nel 2009). Nel 2007 la prestigiosa rivista letteraria inglese Granta incluse Judy Budnitz tra i ventidue migliori giovani scrittori americani, in compagnia di autori come Jonathan Safran Foer, tanto per citare uno dei più conosciuti anche nel nostro paese.

L'altro colore dell'inverno è un libro difficile da raccontare per la complessità e l'articolazione della trama. Quattro sono le voci narranti, che si alternano tra loro: quattro generazioni di donne misteriose e dotate di strani poteri, al limite della magia o, come sostiene qualcuno, della stregoneria. 


Ilana, la prima che conosciamo, ha appreso le sue arti dalla madre, contadina analfabeta in uno sperduto villaggio di un imprecisato paese dell'est europeo, forse la Russia, a giudicare dai lunghi e gelidi inverni, in un'epoca pure imprecisata, ma riconducibile, in base ad alcuni indizi, ai primi decenni del Novecento. La ragazza cresce in un ambiente selvaggio e pericoloso (la notte della sua nascita alcuni briganti si presentano alla porta della casa, armati di lunghi coltelli, ma se ne andranno terrorizzati...), un mondo dove le fiabe tradizionali subiscono inaspettati rovesciamenti (indossando una pelliccia di lupo, la piccola Ilana si inoltra nel bosco, mandata dalla madre a raccogliere erbe, e incontra un attraente sconosciuto che cerca di afferrarla: chi dei due è veramente in pericolo?). Ci sono poi le squadre di soldati che saccheggiano i villaggi e portano via i giovani più robusti per arruolarli, senza che di quei ragazzi si sappia più nulla. E nel villaggio vivono anche tre vecchie, che non si sa da dove vengano e da cui perfino le mosche d'estate si tengono alla larga; hanno  facce identiche, chiacchierano incessantemente con voci stridule, raccontandosi storie su tutto quello che è successo fin dall'inizio dei tempi, parlando di un futuro già scritto e tessendo fili invisibili: "Una srotolava il filo, la seconda lo misurava, la terza lo tagliava." (p.23)

La vita della famiglia è dominata dalla madre di Ilana, depositaria di arti inquietanti, appagata dalla sua vita povera, innamorata del marito e madre di tanti bambini: "A volte le vedevo in faccia l'amore materno, quella ferocia animale, quando raccoglieva a sé i miei fratelli e le mie sorelle, schiacciandoseli contro la pancia come se volesse fagocitarli tutti interi".(p. 25)

Ma Ilana rifiuta una vita così primitiva: "Restai seduta un sacco di tempo nella neve [...] e per la prima volta capii che non ero fatta per quel paese, non avevo la ferocia di mia madre, non avevo la ferocia dell'amore che aveva tenuto in vita la mia famiglia per generazioni in quel luogo inospitale. Era una devozione cieca, un amore animalesco, crudele e bestiale, e io non volevo averci nulla a che spartire: per la prima volta capii che me ne sarei andata". (p.22) 

In una notte d'inverno, a sedici anni, Ilana dunque fugge senza portare con sé nulla, se non un meraviglioso uovo dorato donatole dallo sconosciuto del bosco, un uovo dentro cui si possono vedere mondi misteriosi e paesaggi incantati: "dentro al suo uovo mi pareva di scorgere un'immagine di vita più raffinata, più meditata, un mondo in cui la gente aveva trovato un modo per distinguersi dagli animali...". (p. 28) 

Nel suo lungo cammino che la porterà in America, Ilana incontra donne straordinarie e pericolose, come la bianca e soffice Anya, che ha perso i piedi per il gelo, ma è irresistibilmente sensuale, o la pallida pittrice che ha avuto sette mariti e nella cui casa c'è una stanza chiusa a chiave, in cui al marito di turno è proibito entrare; uomini brutali, come il capitano che aveva rapito il fratello di Ilana dal villaggio e che, mentendo, le promette  la liberazione del ragazzo, in cambio di favori sessuali; e il bellissimo attore e violinista Shmuel, che la ragazza crede muoia e poi resusciti veramente, la prima volta che lo vede recitare, e di cui si innamora, seguendolo al di là del mare... I numerosi richiami alle fiabe di cui è intessuta la nostra memoria collettiva (da Cappuccetto Rosso alle Spose di Barbablù, dalla Baba Yaga alle Scarpette rosse) ci portano così in un mondo lontano ma non del tutto estraneo.

Dall'unione con Shmuel nasceranno tre figli, di cui solo la spigolosa e sognatrice Sashie rimarrà accanto alla madre, pur non avendo con lei un legame molto stretto. Il racconto di Ilana a questo punto comincia ad alternarsi a quello di Sashie, poi a quello della figlia di lei, la cupa  e sospettosa Mara, e successivamente a quello di Nomie, figlia del fratello di Mara e allevata da lei come se fosse la propria figlia. Solo le donne infatti rimangono nella casa: gli uomini della famiglia,  mariti, figli, fratelli che siano, arrivano, partono, scompaiono o si perdono misteriosamente. Quanto di quello che ci viene raccontato è vero e quanto è frutto dell'immaginazione alterata delle narratrici?

Le quattro donne vivono nello stesso appartamento, ingombro di oggetti inutili e malandati, accomunate più dalla diffidenza l'una verso l'altra che dall'amore. L'unica che provi sentimenti più miti verso le proprie "madri" è la giovanissima Nomie, che più di tutte somiglia alla bisnonna Ilana e che è l'unica ad ascoltarne le storie sul passato e ad assorbirne i segreti. E la vecchia Ilana, intanto, da un po' di tempo ha cominciato a incontrare per strada tre donne, che si assomigliano come sorelle, che parlano, parlano in continuazione, con le voci stridule, le mani sempre in movimento che sembrano tessere fili invisibili... Le Parche, cui era sfuggita al villaggio, sono così riuscite a raggiungerla. E  nei  lunghi conciliaboli con Nomie, che mettono in sospetto Sashi e Mara, timorose dei suoi poteri, Ilana le insegna come sfuggire alle tre megere immortali, che determinano la vita degli esseri umani: 

L'unico modo per proteggerti è avvertirti. E' questo che sto cercando di fare. Ti prego, ascoltami. [...] Se ti dico quello che so, allora forse riuscirai a sfuggirgli. Mara e Sashie hanno già fallito senza neanche accorgersene, sono ricadute tanto tempo fa nel sentiero segnato; stanno girando in tondo nella loro vita affacciata solo su se stessa, cerchi su cerchi, sempre più stretti finché non si ridurranno a ruotare sul posto. Ma a te voglio insegnare a liberarti. [...] Insegnarti la storia e i suoi modelli ricorrenti nella speranza che tu ti ribelli contro la lezione, sfugga a quei modelli e vada per la tua strada.

E sullo sfondo di tutte queste vicende, corre la storia del Novecento, i pogrom contro gli ebrei nei villaggi russi, gli squallidi quartieri delle città americane dove si concentrano gli immigrati, la seconda guerra mondiale, i campi di sterminio...

Sospeso tra sogno e realtà, L'altro colore dell'inverno è un romanzo che possiede uno straordinario potere evocativo, soprattutto nella prima parte, ambientata in un mondo che ci ricorda quello delle fiabe e che delle fiabe possiede la ferocia e l'innocenza, un mondo nelle cui foreste abitano folletti lascivi e pericolosi e dove le fanciulle possono volare leggere. Quando alla voce di Ilana cominciano ad alternarsi quelle delle sue discendenti, questo incantesimo in parte si spezza, la narrazione perde un poco i suoi colori fantastici e si fa più pesante, e non sempre riusciamo a distinguere se quello che ascoltiamo è una fiaba dove tutto può succedere o un'allucinazione partorita da una mente offuscata. Questa parziale disarmonia però, non cancella la bellezza del romanzo, che tiene avvinto il lettore fino all'ultima pagina e la cui lettura permette di compiere un affascinante viaggio in una dimensione magica e suggestiva.

Judy Budnitz, L'altro colore dell'inverno, Edizioni Alet, Padova 2012.

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