venerdì 28 dicembre 2012

Matlwa Kopano, Coconut. Nera fuori bianca dentro


Matlwa Kopano, una scrittrice sudafricana, laureata in medicina, ha scritto Coconut a soli ventuno anno, ottenendo subito prestigiosi premi letterari: il romanzo è stato talmente apprezzato in Sudafrica da essere oggetto di studio nelle scuole superiori e a livello universitario. Anche nelle biblioteche di Reggio Emilia è reperibile nello spazio dedicato ai giovani, a cui il romanzo è indirizzato in modo particolare. La prima edizione italiana è del maggio 2011.


Il romanzo è preceduto da una introduzione, in cui si ricorda che Coconut è ambientato nel Sudafrica intorno al 2004, circa dieci anni dopo le prime elezioni del 1994 a suffragio universale, con la vittoria di Nelson Mandela. Era finalmente nata una Repubblica libera e democratica, che sanciva la fine dell’apartheid, cioè di quel regime di segregazione razziale istituito nel 1948, a discapito della popolazione indigena e che conferiva tutti i privilegi alla minoranza bianca, soprattutto ai discendenti dei boeri, che dalla fine del '600 si erano insediati in Sud Africa, sviluppando una propria cultura e lingua (l’afrikaans).

 La costituzione del 1994 è considerata una delle più avanzate del mondo per quanto riguarda i diritti umani e certamente ha messo in moto politiche di agevolazioni a vantaggio dei cittadini neri, ma molte sono ancora le problematiche da risolvere per una effettiva uguaglianza. Critiche sono le condizioni di vita di molti, soprattutto nelle tre metropoli, dove alla divisione bianchi e neri si associa la divisione tra neri rimasti poveri e neri diventati ricchi. I poveri vivono ancora nelle townships con strutture pubbliche inadeguate e dove imperversa la criminalità.

Il romanzo racconta il divario e la rivalità all’interno della popolazione nera, attraverso due giovani figure femminili, Ofilwe, ricca, ingenua e immatura, e Fikile, povera, scaltra, cinica, pronta a tutto pur di fuggire, dopo che la madre si è suicidata, dalla township in cui vive, con uno zio inetto che la molesta sessualmente. Siamo a Johannesburg e la famiglia Tlou di Ofilwe è composta da quattro persone: "mamma, papà, il fratello Tshepo e io". C’è anche una nonna che sa tutto della famiglia reale inglese e che, alla morte di Lady Diana, si veste a lutto e per tre giorni, in segno di rispetto per la morte della grande principessa, non prende parte ai pasti.

Coconut si divide in due parti: nella prima la narratrice è Ofilwe e sono presenti parti in corsivo, con numerosi flash back, pagine di diario: ritroviamo la famiglia ogni domenica nella chiesa anglicana di S. Francesco: "il nostro calendario, le vacanze, le leggi,  la nostra educazione sono basate sul cristianesimo".  Che cosa è rimasto degli antichi riti durante le cerimonie nuziali e di sepoltura nei giorni dedicati al culto del Balimo, il culto esistente prima che arrivassero i missionari? I cristiani sono il 75%, i seguaci di Balimo circa il 15%. Ecco Ofilwe alla Ous Beauty, per liberarsi anche del ricciolino più piccino e ottenere capelli lisci, morbidi e setosi, o nel complesso abitativo Little Valley Country Estate, "il rifugio di campagna per sfuggire allo stress quotidiano", con bellissimi sentieri da percorrere a cavallo,campi da golf, piscine olimpioniche, abitazioni perfette da telefilm, ispirate all’architettura toscana, con giardino ben studiato, in cui i vari labirinti di cespugli sono potati alla perfezione, dove un bambino di creta fa la pipì su un ruscello di pietre e ciottoli sotto di lui. Tutto sembra un mondo di finzione. E così anche la villetta della famiglia Tlou, di mattoni arancioni con la stanza da biliardo, con la zona bar, l’acquario scavato nel pavimento del salotto, la stanza dei giornali di papà, la TV a schermo piatto, con la stanza di Ofilwe rosa intenso, ma lo stesso lugubre, con al centro un letto a baldacchino. "Mi fa pensare a bambine calve che muoiono di cancro".

Tutto trabocca di ricchezza, eppure Ofilwe, la ricca figlia di un imprenditore nero, non trova nulla a cui aggrapparsi, a cui appassionarsi  perché 

come posso fidarmi di voi - tu mamma, tu papà, tu prete, tu maestro, tu amica - quando ogni cosa intorno a me è una bugia e tutti mi ingannano senza pietà. Odio questo cinismo che mi penetra nelle veneA Little Valley i vicini sono le auto che vedi parcheggiate nei vialetti e i bambini sono le palle da tennis che sfrecciano oltrepassando i muri del giardino e finiscono nella tua piscina.

Un altro luogo importante del romanzo è il caffè Silver Spoon, dove la famiglia Tlou si ferma a mangiare la domenica dopo la chiesa, un locale non molto grande, alla moda, con clienti affezionatii. Delle due cameriere una è Fikile , la seconda protagonista del romanzo e voce narrante nella seconda parte di Coconut. In questo locale si incontrano le due ragazze nere e non c’è nessuna simpatia tra di loro. Ofilwe è contenta che a servirli sia Ayanda, l’altra cameriera, perché ha paura che Fikile sputi di nascosto nei loro piatti.

Diversa è la storia di questa ragazza nera, che, rimasta povera, ancora abita nella township decrepita e che, quando suona presto la sveglia per andare a lavorare,  si entusiasma al pensiero che inizia una nuova giornata come nuova fantastica occasione di vivere una vita ricca di infinite possibilità. "Questo potrebbe essere il giorno in cui la mia vita ha svoltato, quello a cui ripenserò quando sarò ricca e famosa nel pieno del mio Progetto di Infinito”. Filike abita in una topaia le cui condizioni non migliorano mai:

 Ma servono a ricordarmi ciò che non voglio essere: nera, sporca e povera … un giorno sarò bianca, ricca e felice … non voglio avere nulla a che fare con la feccia che abita questa squallida township.

Facendo la cameriera al Silver Spoon, Fikile può entrare in contatto con pezzi grossi:

ce n’è di tutti i tipi, dai più grandi uomini d’affari, ai chirurghi, ai produttori televisivi famosi … qui si concludono affari importanti che influenzano il valore del rand e il prezzo dell’oro.

Fikile si trova a suo agio tra questa gente, è con loro che riesce a relazionarsi, non con la gente del suo quartiere che ha ancora la mente barricata nel passato. Odia invece con tutta se stessa la famiglia Tlou: 

servire le famiglie di neri è una rogna , uno spreco di tempo… non so perché vengano qui. Sono qui tutte le domeniche, non conoscono nessuno e sono del tutto fuori posto … sono così artefatti. Nuovi ricchi, ecco cosa sono, ed è per questo che li odio. E li evito.

Le uniche letture di Fikile sono le riviste che ritraggono la vita che lei pensa di essere destinata a vivere: la vita di Silver Spoon con vacanze all’estero, maglie di cashmire … e auto da un milioni di rand … "non ho mai sopportato la povertà … non sono mai riuscita a sopportare quello schifo".

Ofilwe e Fikile, pur nella loro diversità, hanno qualcosa in comune: sono entrambe noci ci cocco, fuori nere per il colore della pelle e dentro bianche per il desiderio di essere come le ragazze bianche. Il loro è un disperato desiderio di bianchezza. La prima parte del romanzo termina con Ofilwe che ricorda che, una volta, quando era più piccola, aveva tappezzato la sua stanza con i poster di quelli che pensava fossero gli esseri viventi più importanti che respiravano sulla faccia della Terra. Fiera del suo lavoro, si  era dispiaciuta di essere rimproverata dal fratello, ma solo allora si era accorta che non c’era nessun viso di colore appeso al muro. Più tardi si accorgerà del DNA che porta dentro di sé i geni dell’avidità bianca, della vanità bionda e della malevolenza dagli occhi blu:

Ti accorgerai, Ofilwe, che le persone a cui ti sforzi tanto di somigliare un giorno ti respingeranno, perché, per quanto tu possa fingere, non sei una di loro. E allora tornerai indietro, ma anche da quella parte non verrai accettata, perché coloro che tu stessa hai respinto in passato non riconosceranno più quello che sei diventata … sei incastrata tra due mondi, rifiutata da entrambi. 

Anche Fikile, nonostante il suo cinismo, alla fine del romanzo, guardando dei bambini neri, vede

quelle macchiette di ambra e di rame diventare sempre di meno ciò che l’Africa sognava e sempre di più ciò che l’Europa voleva diventassero … ho visto pezzettini di America, nati sul suolo africano. Ho visto un popolo dalla pelle scura che si rifiuta di essere associato alla terra rossa, alle capanne di fango e alle luccicanti perle di pietra dura che una volta amava.

Coconut, come dice Ilaria Tarasconi nella nota di traduzione, è uno straordinario romanzo di formazione, in cui problematiche universali, legate alla difficoltà di diventare grandi, di accettare la propria unicità-diversità e di trovare il posto nella società che ci circonda, si intrecciano a elementi connessi al contesto sudafricano e al retaggio lasciato dal durissimo recente passato. L’autrice, Matlwa Kopano, nel suo stile fresco e vitale, con sincerità e caparbietà, vuole spronare i giovani di tutto il mondo a non arrendersi di fronte alle tragedie della vita, ma a continuare a guardare al futuro con lo spirito fiducioso tipico di quelle età.

Matlwa Kopano , Coconut. Nera fuori bianca dentro, edizioni Sonda, 2011, pp.164 .

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