martedì 7 agosto 2012

Julio Llamazares, Luna da lupi

Luna da lupi
Julio Llamazares ha scritto Luna da lupi nel 1985, ma in Italia il libro è stato pubblicato dalla casa editrice Passigli solo nel 2007. Torno ancora a parlarvi di un autore spagnolo e, più che della guerra civile, di ciò che accadde dopo la sconfitta del fronte repubblicano.

Il romanzo si articola in quattro parti che corrispondono ad anni diversi: 1937, quando la guerra non era ancora terminata; 1939,  a guerra finita, 1943 e 1946, quando taluni pensavano che Franco avrebbe perso il potere. L’autunno del 1937 è il momento in cui crolla il fronte repubblicano delle Asturie e centinaia di fuggiaschi si rifugiano nei boschi solitari della Cordigliera cantabrica, in fuga e in attesa di riprendere la lotta. Molti- come ricorda LLamazares nella premessa- moriranno, mentre una minoranza, tra mille difficoltà, finirà esule in Francia.


Luna da lupi è un romanzo breve (pp. 155) che affronta il tema del maquis attraverso la storia di quattro repubblicani in fuga: Angel, la voce narrante, Gildo, Ramiro e suo fratello Juan, che non ha ancora compiuto diciotto anni.

Dopo essere rimasti senza mangiare per cinque giorni, arrivano in luoghi che sono loro familiari, vedono finalmente i tetti di La Llanava, ai piedi del monte Llarga, da cui si sono allontanati poco più di un anno prima.
Angel incontra la sorella e il padre che, preoccupati per il pericolo che corrono, consigliano di andarsene lontano o di nascondersi in una miniera abbandonata, dove Ramiro ha lavorato dai quindici ai ventisette anni, finchè non è scoppiata la guerra. Nella miniera è sempre notte.
Non c’è sole né nubi né vento e nemmeno orizzonti. Dentro la miniera non esiste tempo. Si perdono la memoria e la coscienza, il racconto interminabile delle ore e dei giorni.
Tutto è solitudine e abbandono. Intorno ci sono ancora trincee, bombe inesplose, resti di munizioni, i resti di una battaglia. Si vive in grotte dove solo le bestie potrebbero sopravvivere, mentre intorno pattuglie di guardie controllano e uccidono. Juan sparisce nel nulla e Angel è ferito ad un ginocchio. E poi sono in arrivo “la collera dell’inverno" e la neve. Si sopravvive come animali braccati, consapevoli che prima o poi si finirà crivellati su uno di questi monti.

Nel 1939 da un obsoleto apparecchio radio continuano a giungere notizie di perquisizioni e requisizioni dell’ultimo e definitivo giorno di guerra, ma non per i nostri tre miliziani nascosti nelle montagne, come lupi affamati, costretti ogni tanto a fare incursioni in paese, per procurarsi provviste, per poi affrontare l’inverno. E magari anche uccidere, come nel caso di un segretario comunale ubriaco che stava per sparare per primo. Per alcuni sono semplici ladri e assassini, per altri poveri disgraziati che cercano di salvare la pelle. Sono già passati due anni e si è sempre braccati, solo qualche boscaiolo, pastore o vecchio amico offre un po’ di complicità. Gildo morirà, proprio quando i tre tentano di procurarsi il denaro necessario per l’espatrio, per andare in Francia via mare. Sanno che per loro la guerra è persa, ma c’è la convinzione che Franco stia per cadere. E poi nonostante tutto c’è l’attaccamento a quella terra "senza vita e senza speranza, che si abbatte come un sepolcro su di noi”. E Gildo più degli altri non sarebbe voluto partire, perché non avrebbe voluto lasciare la moglie Lina e il bambino, che si accontentava di guardare ogni tanto da lontano. Ma rimarrà lì per sempre, bruciato vivo. E così i due sopravvissuti, Ramiro e Angel, arrivano al '43.

Sono sei anni che vivono così, in silenzio, atterriti, indecisi tra la compassione che li porta ad aiutarci e la paura, sempre maggiore delle rappresaglie.

I quattro disperati, che poi diventano tre, poi due e infine rimane solo Angel, pagano la loro sopravvivenza imbarbarendosi, sempre più simili a bestie feroci e affamate, a lupi in notti senza luna.

Da quelle parti, a quei tempi, cacciavano ancora i lupi come gli uomini primitivi: «Quando li vedono suonano il corno e tutti, uomini donne e bambini, accorrono a partecipare alla battuta. Io l'ho visto una volta. Nessuno può portare armi, solo bastoni e barattoli. La strategia sta nell'accerchiare il lupo e spingerlo piano piano fino a un precipizio alla fine del quale c'è quello che chiamano chorco: una fossa profonda, nascosta dai rami. Quando il lupo si avvicina al precipizio, gli uomini cominciano a corrergli dietro gridando e agitando i bastoni e le donne e i bambini escono da dietro gli alberi facendo un gran frastuono con le latte. Il lupo, spaventato, scappa in avanti e cade nella trappola. Lo prendono vivo e, nei giorni seguenti, lo portano in giro per i villaggi perché la gente lo insulti e gli sputi addosso prima di ammazzarlo.

Llamazares fa rivivere momenti della storia individuale e collettiva dimenticati o offuscati dalla dittatura franchista, mescola fantasia e realtà, riportando alla memoria racconti sentiti da bambino. Molti in Spagna ricordano la storia di Gorete, cioè di Gregorio Garcia Diaz, che rimase nascosto in quelle montagne per più di undici anni. Nel romanzo Angel il narratore, rimasto solo, deciderà alla fine di prendere un treno per andare via, dopo nove anni di latitanza. "Nulla: la solitudine e io”. Oltre alla vita disperata dei personaggi attrae l’attenzione del lettore il paesaggio, nel susseguirsi delle stagioni, più notturno che diurno, perché è un po’ più facile muoversi la notte che il giorno. Notti di luna fredda, notti totali che danno un senso di vertigine infinita, nebbia appiccicosa, pioggia malinconica e sottile, “I tronchi dei faggi che scendono giù dal monte come un fantasmagorico esercito di ombre. Ombre verdi, profumate, misteriose, che possono nascondere nei loro spazi altre ombre più agitate inquiete e minacciose". Il vento gelido e duro che morde con rabbia la ginestra e l’erica e sibila sui costoni della roccia”. Un paesaggio irreale e desolato segna le estensioni infinite del silenzio.

Llamazares è anche poeta, per cui eccelle nelle descrizioni della natura e di paesaggi e uomini solitari. Questo romanzo sembra la preparazione di un successivo romanzo La pioggia gialla, scritto nel 1988 e In Italia pubblicato nel 1993: storia di un paese nelle montagne della Spagna e monologo disperato del suo ultimo abitante, considerato un capolavoro della letteratura spagnola di oggi. Anche qui l’alternarsi delle stagioni, il silenzio della neve, con una tensione lirica particolare. I suoi libri sono belli e terribili, ma come lui stesso ha dichiarato non scrive per intrattenere, ma per emozionare e per far pensare. Ho incontrato Julio LLamazares alla Fiera del libro di Torino 2012 e, a dir la verità, non aveva l’aspetto di un uomo triste e solitario. Gli ho fatto firmare proprio Luna da lupi e la sua dedica non è stata la solita frase banale: Por Caterina en recuerdo de una matina en Torino. Un abrazo.

Julio Llamazares, Luna da lupi, Passigli, 2007, pp.155

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