sabato 14 luglio 2012

Yousef al-Mohaimeed, Le trappole del profumo

Le trappole del profumoTra tutte le letterature del Medio Oriente una delle meno conosciute in Italia è quella dell'Arabia Saudita. Nel 2011 è uscito presso la casa editrice Aisara, Le trappole del profumo dello scrittore e giornalista Yousef al-Mohaimeed, vincitore in quell'anno del premio Alziator di Cagliari, nella sezione Mediterraneo.

A una stazione degli autobus un uomo, sul punto di lasciare per sempre la città e il posto di lavoro dove viene regolarmente umiliato e sbeffeggiato dagli altri dipendenti e dai superiori, ripercorre nel ricordo le tappe della sua vita, che lo hanno portato alla sua degradante situazione. Lui, Turàd, appartenente a una tribù di beduini, era un predone del deserto, fiero e senza paura, ma  a un certo punto,  qualcosa di gravissimo gli è successo, un episodio misterioso che lo ha sconfitto per sempre e che lo ha lasciato mutilato di un orecchio. 
Questo fatto indicibile lo ha spinto a lasciare la sua tribù e a cercare rifugio nella città, così diversa dal mondo arcano e selvaggio da cui proviene.
Anche la vita del sudanese Tawfik, che lavorava nello stesso ufficio di Turàd, è stata segnata da un atroce destino: rapito da bambino e venduto come schiavo, è stato successivamente evirato. Turàd ricorda il racconto terribile del compagno e la sua sofferenza senza fine.

Un terzo personaggio entra indirettamente in scena, Nasir, abbandonato alla nascita in strada e rimasto privo di un occhio, probabilmente per opera di gatti randagi. Turàd viene a conoscere la sua storia attraverso dei documenti abbandonati nella stazione e leggendoli scoprirà anche un legame tra il ragazzo e suo amico Tawfik.

Le storie dei tre uomini, accomunati dalla mutilazione e dalla sofferenza, si intrecciano. Immagini della vita in città si alternano ai ricordi del deserto e della foresta, luoghi lontanissimi non solo nello spazio, ma ancor di più nelle atmosfere. Quando racconta della sua vita nel deserto, Turàd  sembra riferirsi a un mondo misterioso e senza tempo, dove lupi selvaggi stanno in agguato tra le dune e dove, la notte,  un ragazzo può essere rapito da una ginniyya dai lunghi capelli e diventare così "un grande re in uno dei regni dei ginn." (p. 36)

Anche dalle parole dell'ex-schiavo Tawfik nascono immagini che paiono riportarci a un passato oscuro ma nello stesso tempo favoloso, un mondo dove ci sono "il mare, le foreste e gli animali selvatici, i negrieri, i predoni e i mercanti di schiavi, le navi e le case, le strade e i dolori interminabili." (p. 69) Nei porti dove attraccano le navi negriere, vengono scaricate le merci:

Alcune erano piene di mercanzie in cuoio e medicamenti  importati da Kordofan, altre di spezie e di legno di sandalo che si vendeva al mercato di Shindi e proveniva dall'India, da cui arrivavano anche piccoli scrigni, pesanti e ben chiusi, riempiti poi con oro etiope. E poi c'erano gli schiavi... (p. 52). 

E a leggere questo elenco sembra di stare in una fiaba cattiva delle Mille e una notte...

Sia Turàd che Tawfik sono diventati quello che sono perché sono caduti nelle "trappole del profumo": l'odore delle carovane di cammelli portato dal vento nel deserto, che spinge Turàd al furto che lo segnerà per sempre; l'aroma di carne allo spiedo con cui i negrieri attirano gli abitanti del villaggio fuggiti nella foresta al loro arrivo, per catturarli più facilmente. Era stato inoltre il seducente profumo di una donna che aveva spinto il padre di Nasir a innamorarsi di lei: da quella unione, inammissibile per motivi sociali, era nato il bambino, che la mamma aveva subito abbandonato. Anche l'origine della rovina, dunque, non solo la mutilazione, unisce  i tre uomini.

Il romanzo si chiude su una nota di timida speranza: la forza dell'amicizia e della solidarietà può aiutare a ritrovare, almeno in parte, se stessi.

Il romanzo di al-Mohaimeed ha avuto un'accoglienza contraddittoria: mentre alcuni critici americani lo hanno paragonato addirittura ai romanzi di Marquez e hanno parlato di realismo magico, altri hanno invece sottolineato come certi passaggi siano artificiosi e poco plausibili (il ritrovamento dei documenti riguardanti Nasir, la coincidenza delle tre mutilazioni e delle "trappole dei profumi"). C'è chi ha visto nel libro una efficace quanto poco lusinghiera rappresentazione della società saudita, dove la ricchezza e il benessere lasciano poco tempo e poca comprensione per gli emarginati. Non dimentichiamo fra l'altro che, uscito nel 2003 in Arabia Saudita, il libro fu immediatamente messo al bando. C'è chi ha invece visto uno stacco troppo forte tra le parti "cittadine" e quelle "selvagge" rievocate nel ricordo (il deserto, la foresta): ma occorre ricordare che fino agli anni '60 buona parte della popolazione saudita era nomade e che la schiavitù fu abolita solo nel 1962.

In realtà, a mio parere, quello che rende affascinante questo romanzo breve è proprio il suo oscillare tra due mondi e due dimensioni: la città e il deserto, la realtà e la fiaba, un mondo dove si va in auto e un altro dove si avventurano solo i cammelli, la trafficata stazione degli autobus e il porto delle navi negriere... Mondi apparentemente lontanissimi, accomunati però dalla crudeltà e dalla durezza del vivere.

Yousef al-Mohaimeed, Le trappole del profumo, Aisara, Cagliari 2011

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