giovedì 5 luglio 2012

Cinquantesimo anniversario dell'indipendenza algerina

Battaglia nelle strade di Algeri
Esattamente cinquant'anni fa, al termine di una guerra durata oltre sette anni e costata centinaia di migliaia di morti (un milione addirittura, secondo le stime diffuse dal Fronte di Liberazione Nazionale), veniva proclamata l'indipendenza dell'Algeria. Dopo 132 anni, finalmente, il paese, per superficie il più vasto di tutto il continente africano, da quando, nel 2011, il Sudan si è diviso in due stati indipendenti, riacquistava la sua libertà, una meta cui gli algerini non avevano mai smesso di aspirare. Un bell'articolo di Bernardo Valle su Repubblica.it  di oggi, nella pagina Esteri, rievoca l'ingresso in Algeri degli eroi della rivoluzione.
Esultanza dopo la vittoria
Occupata Algeri nel 1830, quando il dey della città aveva ceduto le armi, i Francesi avevano gradatamente conquistato tutto il paese, non senza difficoltà e incontrando resistenze tenaci, e avevano poi attuato una colonizzazione totale, facendo dell'Algeria una territorio di popolamento (centinaia di migliaia di coloni, i cosiddetti pieds-noirs, arrivarono dalla Francia): si giunse addirittura a proclamare l'Algeria "territorio metropolitano d'oltremare". Nelle scuole algerine si insegnava il francese e gli studenti imparavano che la capitale era Parigi e i loro antenati erano i Galli: è vero, in ogni caso, che pochi erano gli Algerini che potevano frequentare le scuole, dove, appunto, non venivano di certo insegnati né  l'arabo né le tradizioni e la storia degli indigeni.

Come dice Giampaolo Calchi Novati nella sua Storia dell'Algeria indipendente (Bompiani, 1998),

 ...la colonizzazione francese aveva avuto modo di esprimersi compiutamente, realizzandosi nella versione estrema dell'assimilazione politica e culturale, così da rendere di necessità altrettanto estrema la reazione del popolo colonizzato, costretto a  ricorrere alla "rivoluzione" per ritrovare, non senza difficoltà e travagli, la propria identità (p.11).

E ancora: 

Se assimilazione significa soppressione dell'identità statale e culturale del popolo colonizzato, nessun popolo come l'algerino ha patito con più violenza questo fenomeno di spossessamento e di alienazione" (p.31).

Ahmed Ben Bella
Ma la libertà acquistata con un enorme tributo di sangue (anche attenendosi a stime meno drammatiche di quelle del FLN, si tratta comunque di centinaia di migliaia di caduti e dispersi) non tracciò per l'Algeria un cammino facile: travagliato fin dagli inizi da aspri contrasti in seno al movimento dei vincitori, diviso tra la salvaguardia degli ideali rivoluzionari e durissime lotte per il potere, il paese conobbe molti anni di dittatura militare e di repressione della libertà (è appena del '65 il colpo di stato del generale Boumedienne che destituì Ahmed Ben Bella, primo presidente del paese). 

Il generale Boumedienne
Avidità e corruzione divennero le due facce di un'unica medaglia: chi deteneva una qualunque forma di potere, anche molto piccola, lo sfruttava per il proprio interesse. Lo scrittore Yasmina Khadra (pseudonimo di Mohammed Moulessehoul), nel suo sofferto romanzo noir Morituri (Ed. e/o 2000), definisce l'Algeria "il sultanato dei malviventi e del nepotismo" (p.9) e afferma con sdegno e dolore che in Algeria  "... tutti quanti si sono arrangiati a costruire un palazzo per la prole, per la quale nessuno invece vuole edificare una patria" (p.88).

Nel 1988 scoppiarono disordini e proteste sia contro la gravità della condizione economica della popolazione, sia  contro la mancanza di libertà e di democrazia. Il governo concesse la formazione di partiti, ma quando le elezioni legislative del dicembre 1991 diedero la vittoria al Fronte Islamico di Salvezza, partito fondamentalista che si era fatto portavoce del malcontento popolare, l'esercito dichiarò nulle le elezioni e sciolse d'autorità il FIS. Seguirono anni terribili: le frange armate dei gruppi fondamentalisti diedero vita a una guerra civile tra le più sanguinose e selvagge che mai il bacino del Mediterraneo abbia conosciuto, con attentati nelle strade, distruzioni di interi villaggi, stupri, stragi di bambini e adolescenti, con un crescendo parossistico di orrore, perpetrato da Algerini contro altri Algerini. Durante questo decennio di inferno, decine di migliaia di persone, scrittori, giornalisti, poliziotti, contadini, donne senza il velo, stranieri di passaggio, bambini che andavano a scuola furono mutilati e trucidati nei modi più orribili, mentre decine di ragazze furono rapite per il piacere dei militanti e uccise insieme con il frutto degli stupri subiti.
Il presidente Bouteflika
Solo alla fine degli anni '90, lentamente il paese comincia a ritrovare una situazione più tranquilla, anche se il cammino verso la democrazia appare ancora lungo e accidentato. Nel 2010-2011, anche in Algeria scoppiano disordini e proteste contro il governo del tre volte eletto presidente Bouteflika. Le concessioni del governo (promesse di provvedimenti economici, revoca dello stato d'emergenza, ecc,) ottengono l'effetto di affievolire il fuoco delle proteste, a differenza di Egitto, Tunisia, Libia.

Le recenti elezioni politiche del maggio scorso hanno dato la vittoria al FLN, il partito al potere dalla fine della guerra di liberazione, con un'inaspettata débacle dei gruppi di ispirazione islamica. A garantire la correttezza delle operazioni di voto, erano stati designati 500 osservatori stranieri.

Ancora una volta un cammino difficile per il popolo algerino, un popolo, come dice ancora Yasmina Khadra nel romanzo La parte del morto (Mondadori, 2005) "intrepido e valoroso tradito dai suoi governanti" (p.116).

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