martedì 3 luglio 2012

Calixthe Beyala, Come cucinarsi il marito all'africana

Come cucinarsi il marito all'africanaParlare o scrivere di cucina è senz’altro di moda: è sufficiente tenere conto dei tanti libri pubblicati o delle tante trasmissioni televisive di questi ultimi anni. Come cucinarsi il marito all'africana di Calixthe Beyala ha anticipato nel 2000 questa moda, perché è insieme un romanzo breve e un libro di ricette esotiche della cucina africana: 25 ricette, sfiziose, succulente e rigorosamente africane per gusto e uso degli ingredienti, seguono i singoli capitoli in cui si sviluppa il romanzo. Non siamo in Africa, ma a Parigi e la protagonista è mademoiselle Aissatu, africana, trapiantata da tempo in Francia, dove si guadagna la vita pulendo i cessi pubblici. 

“Li conosco uno per uno e potrei descrivervi ogni tipo di uomo che li frequenta.”  
“Offro la mia felicità in un pacchetto di sorrisi alla clientela preoccupata di una diarrea o che agita il sedere per distrarre un bisogno urgente di pisciare.”

Non so quando sono diventata bianca, ma so che esfolio la pelle a suon di Venere di Milo e, secondo la stessa logica, torturo il corpo fino a renderlo minimalista: non ho seno e il mio sedere è piatto come la terra perché come da stereotipo, piacere agli uomini bianchi è cosa buona e giusta. Tavola da surf uguale bella donna. E per questo diete e palestre, saune, per “spomparci”.  



“Sono nera, il sole potrebbe confermarvelo, ma l’esilio ha stravolto i miei segni distintivi. Sono entrata nella dissipazione come si penetra nella nebbia, a poco a poco, a occhi sbarrati. Guardo il cielo e imito le bianche, perché, ne sono convinta, il loro destino è d’oro; perché, ne sono convinta, hanno una maggiore consapevolezza del bene e del male, di ciò che è degno di rispetto e di ciò che è degno di punizione, di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto, perché, ne sono convinta, le bianche sanno fino a che punto spingersi e quando fermarsi".

Come nel romanzo più famoso della Beyala, Gli onori perduti , la protagonista è una donna sola emigrata dall’Africa nera alla ricerca dell’amore. Aissatù, delusa del genere maschile, è però disposta a tutto, caparbia nel conquistare il signor Bolobolo che le ha sciolto il cuore: è un giovane maliano, che abita nel suo stesso palazzo con la madre malata, che ha una gallina come dama di compagnia. “Di fronte a quella pelle nera e morbida impallidirebbe persino la più scura delle mezzanotti”. E così la donna attua un cambiamento di rotta, rifiutando il senso estetico all’europea, non più diete dimagranti, ma piatti succulenti con profumi inebrianti della tradizione africana, imparati dalla madre e cucinati per sedurre l’innamorato e catturarlo . Aissatù riscopre così “sentori covati nell’afa degli alberi, nel tanfo della savana e nell’aspra sabbia dei deserti”. 

Come cucinarsi il marito all’africana è il titolo intrigante di questo romanzo, pubblicato in Italia da Epoché nel 2004, ma che non è poi così insolito, se pensiamo che anche noi occidentali o italiani, se volete, usiamo l’espressione "prendere il marito per la gola". Magari non utilizziamo tartarughe verdi di bosco, gombi alla coda di bue, antilopi affumicate ai pistacchi, boa in fogli di banano, porcospini alle mandorle di mango selvatico e altro. Delle ricette descritte minuziosamente potrebbe venir voglia di provare tutt’al più il pollo ai limoni verdi e il succo di zenzero, perché un po’ più vicini al nostro gusto e realizzabili per la reperibilità degli ingredienti. 

“Me lo cucinerò con un’orata al peperoncino rosso finché dentro non diventerà molle, soffice e fondente come un cioccolatino al sole. Deve perderci i sensi. Che eiaculi! Che crepi! Ho un’illuminazione improvvisa: come fare per cucinarsi il marito all’africana senza perdere l’anima?”  

E così il corpo di Aisssatù perde la magrezza “come certi alberi le foglie. E’ lussureggiante come la potenza di un baobab durante la stagione delle piogge: le guance sono arrotondate e i seni, come buganvillee sono più fioriti di una primavera”. Con il suo mix di afrodisiaci Aissatù, non senza difficoltà, riesce a conquistare Bolobolo, dichiarando guerra a qualunque rivale o suocera che la ostacoli nel raggiungimento del suo sogno. Si ritrova così sposata ad un uomo che le procura avare gioie coniugali. Non ricorda i compleanni e la tradisce continuamente, ma Aissatù sembra disposta a riconoscere di amare più il matrimonio che il marito: "Cornuta sì ma sposata”. 

Solo dopo venti anni, "sgranati come perle di un rosario, insensibilmente, appassionatamente, dolorosamente”, come si racconta nell’epilogo, dopo una vita vissuta “in senso antiorario, controcorrente” ottiene da Bolabolo maggiore rispetto e un amore più vero. 

La cucina è, dunque, anche un mezzo per recuperare la propria identità per una che “non sa più come aiutare una capra a partorire o in quale direzione seppellire i morti”. Fino al giorno in cui capisce davvero  che "c’è un tempo per allontanarsi, un tempo per ritrovarsi, un tempo per perdersi e un tempo per tornare alle proprie radici”.

 Il romanzo è divertente, ironico, brillante, leggero nella scrittura ricca di metafore, con originali riflessioni, ma ha una sua amarezza di fondo, perché ci fa intuire le difficoltà di una giovane emigrata ad inserirsi in una Francia asettica, fredda, che consuma tutto rapidamente. Si sente soprattutto la solitudine, il senso di vuoto, l’insoddisfazione per gli stereotipi, i modelli che la società occidentale propone. 

Aissatù ha certamente qualcosa in comune con Calixthe Beyala, sesta di dodici figli, sopravvissuta in una bidonville di Dova, arrivata in Francia diciassettenne dal Camerun e che, prima di diventare scrittrice di successo dal 1987, ha fatto la fioraia e la modella. Oggi, definita “l’amazzone delle lettere africane”, vive in Francia, ma è spesso in Camerun, dove si dedica attivamente alla difesa dei poveri e sostiene progetti rivolti alle donne. Del resto elemento caratterizzante di tutta la sua opera (almeno 15 romanzi) è l'indagine sul destino femminile, attraverso vari personaggi e vari punti di vista, con una ricorrenza particolare della figura della prostituta.

 Calixthe Beyala, Come cucinarsi il marito all’africana, Epochè, 2004, pp.151

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