venerdì 29 giugno 2012

Nadia Ghulam e Agnès Rotger, Il segreto del mio turbante

Ancora la storia di una donna coraggiosa, ancora una testimonianza autobiografica di grande forza emotiva.

Il segreto del mio turbanteE' uscito da poco in Italia, Il segreto del mio turbante di Nadia Ghulam (Sperling& Kupfer, 2012), dove, con l'aiuto della giornalista catalana Agnès Rotger, l'autrice racconta la propria drammatica storia. Nata in Afghanistan prima dell'avvento dei talebani, la giovane donna ci parla della sua infanzia felice in una splendida Kabul non ancora sconvolta dalla guerra. L'età della spensieratezza finisce all'improvviso quando, a nove anni, rimane gravemente ferita e sfigurata dall'esplosione di una bomba che colpisce la sua casa.
Agnès Rotger e Nadia Ghulam

Comincia così per Nadia un terribile calvario di sofferenze sia fisiche, con decine di operazioni chirurgiche, sia morali, a causa del graduale impazzimento del padre e della morte dell'unico fratello maschio. Per di più il sopraggiunto regime dei talebani impone al paese inconcepibili restrizioni, tra cui il divieto per le donne di lavorare e studiare.
Resasi conto della precarietà della situazione familiare, Nadia prende una pericolosa ma indispensabile decisione, quella di travestirsi da maschio per guadagnare di che sopravvivere.

Così, all'età di undici anni, Nadia diventa Zelmai (il nome del fratello) e accetta qualunque lavoro, anche i più duri e pericolosi, come riparare i pozzi, portando terribili pesi, dormendo pochissime ore, coprendosi con abiti pesanti e informi, per nascondere i cambiamenti del suo corpo, e portando in testa il turbante anche di notte. La paura di essere scoperta l'accompagna in ogni momento, ma l'imperativo della sopravvivenza dei genitori e delle sorelline è più forte di tutto. 

Nei momenti più duri, quando la fatica e la tensione stanno per sopraffarla, Nadia/Zelmai si consola con un po' di musica, grazie a qualche vecchia cassetta malandata e nascondendosi accuratamente, dato che ascoltare musica era rigorosamente proibito e punito con durezza dalle guardie talebane.

Nella sua veste di maschio, la ragazza viene spesso coinvolta da altri maschi nel diffuso "sport" che consiste nel disprezzare le donne perché ritenute deboli. Quando sente questi commenti, Nadia ci dice che...

...non sapevo se mettermi a ridere o piangere. A undici anni lavoravo come un contadino,  a tredici iniziai a sistemare i pozzi, togliendo la terra sul fondo e caricandola in secchi che pesavano un quintale finché non zampillava di nuovo l'acqua sotterranea. (p. 97).  

Una "debolezza" davvero eroica!
E nonostante la fatica e le terribili privazioni, Nadia riesce anche a studiare, sia pure con immensa difficoltà e sopportando stoicamente il fardello dell'orrore che il suo viso sfigurato suscita in chi la guarda.

Grazie poi all'aiuto di alcune organizzazioni internazionali, dopo dieci anni di questo calvario e dopo la caduta del regime talebano, Nadia potrà riprendere la sua vera identità e uscire dal paese per recarsi a Barcellona, dove le sue terribili cicatrici saranno curate e il suo aspetto tornerà quello di una qualsiasi ragazza di vent'anni.

Un libro toccante e doloroso, ma nel contempo una testimonianza lucida, colma della serena consapevolezza  di chi, senza troppo lagnarsi  e con spirito davvero indomabile, ha affrontato ostacoli che basterebbero in realtà a riempire dieci vite.

Nadia Ghulam e Agnès Rotger, Il segreto del mio turbante, Sperling & Kupfer, Milano 2012

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