domenica 1 aprile 2012

Origine ed evoluzione del mondo arabo: primo incontro

Una sintesi dell' incontro: Origine ed evoluzione del mondo arabo, a cura di Veronica Amadessi, giovane ricercatrice, venuta appositamente da Parigi, dove studia e lavora, per tenere i primi due incontri di questo ciclo sull'Africa Mediterranea, organizzato dal Circolo Culturale "Il Crostolo", Università dell'Età Libera.

Sintetizzo per punti:
1) Non bisogna confondere il mondo arabo con il mondo islamico. In ambito sociopolitico, arabo è il mondo in cui l'arabo è lingua ufficiale, vale a dire i paesi della Lega Araba: in origine 22 paesi, diventati di recente 21 per esclusione della Siria. La Lega è nata nel 1945 per volontà di 7 stati: Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Libano, Siria, Yemen, Egitto. Via via si sono aggiunti altri stati fino al Sudan nel 1985 e Comorri (3 isole) nel 1993.

2) Distinguiamo nella Lega araba il Maghreb dal Mashreq: Maghreb è letteralmente “il luogo dove tramonta il sole”, l’Occidente (Marocco, Tunisia, Mauritania, Algeria, Libia), il Mashreq è il...
luogo dove sorge il sole, l' Oriente (Egitto, Sudan, Giordania, Libano, Siria, Palestina, Iraq, Arabia Saudita, Oman, Yemen, Bahrein, Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti).
L’Egitto è uno stato un po’ a metà strada tra occidente e Oriente.

3) La lingua araba ha una struttura introflessiva, detta anche “a pettine”; è proprio immaginando la figura di tale oggetto che si può capire come funzioni questo idioma. Le parole sono solitamente formate da tre radicali (un pettine con solo tre o quattro denti in tutto) all’interno dei quali si inseriscono vocali, prefissi e suffissi per la formazione delle parole derivanti dalla stessa radice. Di solito i manuali di linguistica araba utilizzano la radice del verbo “scrivere” per spiegare tale struttura: questa è K T B. Da cui avremo: “kataba” egli scrisse, “maktūb” scritto, “kātib” scrittore, “maktab” scrivania o ufficio. E’ pura matematica: si aggiungono e si sottraggono elementi da una radice composta da tre elementi.
Chiunque si avvicini allo studio e alla prassi della lingua araba non tarderà a esperire la particolare situazione sociolinguistica di questa lingua: egli noterà un certo divario tra l’arabo della letteratura, della stampa o del telegiornale, e l’arabo che sentirà parlare da due o più arabofoni durante una conversazione - cosa che non gli impedirà, peraltro, di notare dei punti di contatto e delle forti somiglianze tra questi due tipi di arabo. Questa ambigua e originale situazione dipende dalla condizione di diglossia intrinseca alla lingua araba.
Generalmente, questo concetto definisce uno status sociolinguistico tale per cui, in una data area linguistica, convivono due lingue fortemente imparentate, percepite in maniera sperequata, a favore di una e a discapito dell’altra: nel caso dell’arabo, l’esistenza di due varietà, una “elevata”, impiegata, ad esempio, in letteratura, e una “bassa”, usata nella quotidianità.
C’è un arabo standard, capito, ma non parlato da tutti. Diverso è l’arabo tunisino o libanese o yemenita. Più ci si avvicina alla Mecca e più si può parlare di arabo puro.

4) Distinzione tra Dar al-Islam  e Dar al-Harb. Con l'espressione Dār al-Islām (arabo: دار الإسلام ‎, letteralmente "Casa dell'Islam") la cultura islamica identifica i territori che sono sottoposti all'imperio politico e giuridico dell'Islam, dove i musulmani possono compiere gli obblighi loro richiesti in quanto credenti, in particolare lo svolgimento dei cinque pilastri dell'Islam. Rientra nella teoria islamica della ripartizione territoriale del pianeta, basata su principî confessionali e di extraterritorialità. Partendo dall’assunto che l’obiettivo dell’Islam sia l'intero pianeta, la giurisprudenza islamica (non la teologia) suddivide il mondo in Dār al-Islām e Dār al-ḥarb ("Dimora della guerra").

Nella dār al-Islām hanno diritto di vivere e operare solo i musulmani e con diverse limitazioni (come ad esempio il divieto di proselitismo e di erigere nuove chiese o monasteri) gli appartenenti alle cosiddette religioni "del Libro" (Ahl al-Kitāb ), mentre ne sono esclusi i politeisti e gli atei. Questa non è più una realtà da quando il mondo islamico ha assunto un assetto nazionale analogo a quello dell'Occidente cristiano, anche se seguita a non essere consentito costruire templi dedicati a divinità di religioni considerate dall'Islam politeistiche.

Secondo il fiqh (ma non la teologia), la Dar al-Ḥarb, (arabo: دار الحرب ‎), alla lettera “dimora della guerra”, è il territorio esterno alla dār al-Islām abitato da non musulmani che sono chiamati tecnicamente ḥarbī. Questi sono divisi in diverse categorie: kāfir - politeisti, (mushrik) o apostati (murtadd) -  e kitābī se appartenenti a una delle religioni monoteistiche (Ahl al-kitāb).
Nella Dār al-Harb, musulmani e dhimmī , cioè cristiani, ebrei, zoroastriani e fedeli di qualche altra religione (Sabei, occasionalmente induistii), normalmente residenti in terra d’Islam a seguito di un patto detto dhimma, non godono più della protezione e della libertà di culto (derivanti dall’accordo della dhimma), di cui beneficiano nella dar al-Islam.
I Dhimmi sono minoranze protette, tollerate perché “gente del libro”.

5) Umma (arabo: أمّة‎ [umma], "comunità", "nazione", "etnia) è un termine arabo - derivante dalla radice <'-m-m> che origina anche il vocabolo أمّ [umm], "madre" - che ha acquistato con l'Islam il significato precipuo di "Comunità di fedeli", nel senso di "comunità di musulmani", senza alcun significato etnico-linguistico-culturale.
Con questo nome si indicò fin dall'inizio la prima organizzazione politica dei fedeli musulmani che a Medina (all'epoca Yathrib) vide nel 622 d. C. la luce, grazie all'azione del profeta islamico Muhammad. La nozione di umma, tuttavia, non sempre impedì divisioni anche gravi, prodotte da dibattiti teologici da rivalità etniche e politiche.

6) Jihad (ǧihād جهاد) deriva dalla radice <"ǧ-h-d> che significa "esercitare il massimo sforzo" o "combattere", “ tendere a qualcosa” La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra santa.
Durante il periodo della rivelazione coranica, allorché Maometto si trovava alla Mecca, lo jihād si riferiva essenzialmente alla lotta non violenta e personale, quindi a quello sforzo interiore necessario per la comprensione dei misteri divini. In seguito al trasferimento (Egira) dalla Mecca a Medina nel 622, e alla fondazione di uno Stato islamico, il Corano (22:39) autorizzò il combattimento difensivo. Il Corano iniziò a incorporare la parola qitāl (combattimento o stato di guerra), e due degli ultimi versi rivelati su questo argomento (9:5, 29) suggeriscono, una continua guerra di conquista contro i nemici non credenti.
l significato più letterale di jihād è semplicemente "sforzo", e così è talvolta soprannominato lo "jihād interiore". Questo "jihād interiore" si riferisce essenzialmente a tutti gli sforzi che un musulmano potrebbe affrontare aderendo alla religione. Anche contro se stessi e contro il demonio.

7 ) Jahiliyya (جاهلية, ovvero jāhiliyya, "Ignoranza") è il termine che in arabo i musulmani danno al periodo precedente la missione profetica di Maometto.
Secondo i musulmani si tratta quindi di "ignoranza" della verità salvifica che il Profeta dell'Islam avrebbe avuto l'incarico da Allah di svelare agli uomini col Corano.
Prima di Maometto vi erano tribù di beduini, nomadi o seminomadi, articolati in clan, famiglie unite da un vincolo di solidarietà. E politeisti, finchè nel 570 nasce Maometto, fondatore e profeta dell'Islam considerato dai musulmani l'ultimo di una lunga catena profetologica, di cui egli avrebbe occupato una posizione di assoluto rilievo, "messaggero" di Dio (Allah) e Sigillo della profezia, incaricato da Dio stesso - attraverso l'arcangelo Gabriele - di divulgare il suo verbo tra gli Arabi.

8) La Fatiha (l'Apertura o l'Aprente) è la prima Sura (Capitolo) del Corano e la preghiera più comune dell'Islam. Se sei un Musulmano devoto che recita le preghiere cinque volte al giorno come prescritto, nel corso delle tue preghiere, reciterai la Fatiha diciassette volte. Secondo una tradizione Islamica , il Profeta dell'Islam, Maometto, disse che la Fatiha era superiore ad ogni altra cosa rivelata da Allah (“il Dio” in Arabo, e la parola usata dai Cristiani e dagli Ebrei di lingua Araba, oltre che dai Musulmani, per indicare "Dio") nella Torah, nel Vangelo, o nel resto del Corano. E certamente essa racchiude in modo efficace ed eloquente molti dei principali temi del Corano e dell'Islam in generale: Allah come il “Signore dei Mondi”, l'unico che deve essere adorato, l'unico a cui chiedere aiuto, il Giudice Misericordioso di tutte le anime nell'Ultimo Giorno.
Nella teologia Islamica, Allah è l'autore di ogni parola del Corano. Qualcuno ha trovato strano che Allah abbia detto qualcosa come “sia lode ad Allah, Signore dei mondi”, ma l'interpretazione tradizionale Islamica è che Allah rivelò questa preghiera a Maometto molto presto nella sua carriera di Profeta (che iniziò nel 610 AD, quando ricevette la prima rivelazione mediante l'Arcangelo Gabriele -- una rivelazione contenuta nel novantaseiesimo capitolo del Corano) in modo che i Musulmani sapessero come pregare.

9 ) Sura del grumo di sangue, rivelazione contenuta nel novantaseiesimo capitolo del Corano, in modo che i Musulmani sapessero come pregare.

In nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso,
Leggi! Nel Nome del Tuo Signore che ha creato
Che ha creato l’uomo da un grumo di sangue,
Leggi! E il tuo Signore è il Più Generoso,
Egli che insegna all’uomo con il Calamo,
Insegna all’uomo ciò che egli non sa.
Surat al-‘Alaq (La sura della grumo di sangue, XCVI del Sacro Corano), vv. 1-5

Maometto ne parla alla moglie Kadisha che condivide ed è la prima convertita all’Islam.
Nel 632 Maometto muore e la rivelazione è tramandata ai suoi seguaci, alla cerchia dei 10 benedetti. La rivelazione sarà scritta dal terzo califfo: per ampliare le conquiste serve un testo scritto.
La Mecca fu inizialmente ostile alla rivelazione perché la città traeva vantaggi economici da una situazione di politeismo. Nel 622, anno dell’Egira; Maometto fugge dalla Mecca a Medina.

L'Ègira ( هجرة, hijra, "emigrazione") indica il trasferimento, più propriamente, la rottura dei vincoli tribali che esponeva a gravissimo rischio tutti coloro che a qualsiasi titolo avessero abbandonato nella Penisola araba il loro gruppo tribale. L'egira per antonomasia è però quella che organizzò lo stesso Maometto da Mecca verso la città-oasi di Yathrib, poi rinominata Medina (propriamente Madīnat al-Nabī, "Città del Profeta"), non solo a causa della crescente ostilità dei suoi concittadini che temevano di veder danneggiati i propri interessi commerciali e vilipesa la propria fede, ma anche in considerazione del fatto che le tribù di quest'oasi gli offrivano di assumere un comando super partes nella gestione dei rapporti tra le varie comunità (cosa che egli fece varando la costituzione di Medina). Un certo numero di fedeli seguirono Maometto a Medina, divenendo anch'essi membri di quella comunità (i muhājirūn: "coloro che hanno fatto l'Egira").
Di fatto, più che rappresentare una "fuga", l'egira di Maometto sancì la nascita del primo nucleo di uno Stato islamico.

10) Distinguiamo le Sure in Meccane e Medinesi: quelle meccane sono più violente, stile diretto divino
secondo la tradizione. La Sura dell'Alba e la Sura degli Uomini sarebbero entrambe meccane, e per la precisione la ventesima e la ventunesima nell'ordine della rivelazione; sono state relegate in fondo al Corano quando venne messo per iscritto, perché si seguì il principio di porre al principio le più lunghe e alla fine le più brevi.

Nel nome di Dio, clemente misericordioso!
1. Di': "Io mi rifugio presso il Signore dell'Alba
2. dai mali del creato,
3. e dal male di una notte buia quando s'addensa,
4. e dal male delle soffianti sui nodi,
5. e dal male dell'invidioso che invidia".

11) Sura delle Donne IV, 43

يَا أَيُّهَا الَّذِينَ آمَنُوا لَا تَقْرَبُوا الصَّلَاةَ وَأَنْتُمْ سُكَارَىٰ حَتَّىٰ تَعْلَمُوا مَا تَقُولُونَ وَلَا جُنُبًا إِلَّا عَابِرِي سَبِيلٍ حَتَّىٰ تَغْتَسِلُوا ۚ وَإِنْ كُنْتُمْ مَرْضَىٰ أَوْ عَلَىٰ سَفَرٍ أَوْ جَاءَ أَحَدٌ مِنْكُمْ مِنَ الْغَائِطِ أَوْ لَامَسْتُمُ النِّسَاءَ فَلَمْ تَجِدُوا مَاءً فَتَيَمَّمُوا صَعِيدًا طَيِّبًا فَامْسَحُوا بِوُجُوهِكُمْ وَأَيْدِيكُمْ ۗ إِنَّ اللَّهَ كَانَ عَفُوًّا غَفُورًا

O voi che credete! Non accostatevi alla preghiera se siete ebbri , finché non siate in grado di capire quello che dite; e neppure se siete in stato di impurità, finchè non abbiate fatto la lavanda (a meno che non siate in viaggio). Se siete malati o in viaggio, o se uscite da una latrina, o avete avuto rapporto con le donne e non trovate acqua, fate allora la lustrazione pulverale con terra pulita con cui sfregherete il viso e le mani . In verità Allah è indulgente, perdonatore. (4:43).

In questo versetto vengono spiegate alcune regole che riguardano la preghiera. L'orazione è il rivolgersi direttamente a Dio e per questo motivo la persona deve essere in un particolare stato di purità per essere degna di pregare il Signore. Bisogna ricordare che l'obiettivo principale della preghiera è risvegliare nel cuore umano il ricordo del Signore e pertanto ogni cosa che lo distragga deve essere messa da parte.

È vietato bere il vino anche perchè rende ebbre le persone e non permette la concentrazione sui concetti che vengono ripetuti durante la preghiera; in altri versetti si invita a non pregare quando si sta male o quando si ha sonno. Ma oltre alla concentrazione ad alla preparazione spirituale, anche il corpo della persona deve essere lindo e completamente privo di impurità. Se l'uomo o la donna hanno avuto relazioni sessuali, sono impuri in un certo senso e devono prima fare la lavanda Ghosl, per poter poi pregare. Chi ha avuto relazioni e non ha avuto modo di fare la doccia, non solo non può pregare ma non può nemmeno entrare nelle moschee, a meno che non sia in viaggio ed il suo tragitto passi attraverso una moschea. Solo in questo caso può entrare da una porta dell'edificio. Inoltre se si è impuri o non c'è acqua a disposizione, il fedele può purificare il suo corpo con un'altro tipo di Ghosl, quello fatto con la polvere o con la terra; comunque in entrambi i casi la polvere o la terra devono essere pulite.

12) A Maometto sono seguiti i Califfi (i ben guidati).
Califfo (: خليفة, khalīfa) è il termine impiegato per indicare il "Vicario" o "Successore" di Maometto alla guida politica e spirituale della Comunità islamica.
Califfati furono diversi. I primi quattro "successori dell'Inviato di Dio" sono chiamati ortodossi dall'Islam (il termine arabo è quello di rāshidūn). Essi regnarono da Medina e furono:
1. Abū Bakr, detto al-Ṣiddīq, "Il grandemente veritiero" (632 - 634)
2. ʿUmar ibn al-Khattāb, detto al-Fārūq "Colui che sa distinguere" (634 - 644)
3. ʿUthmān ibn ʿAffān, detto Dhū l-Nurayn "Quello delle due luci" (644 - 656)
4. ʿAlī ibn Abī Ṭālib, detto al-Murtaḍā "Colui che è approvato" (656 - 661), è il genero di Maometto che ha sposato la figlia Fatima.
La legittimità non è né di sangue né politica, sono personaggi con un loro prestigio sociale, sono guide, principi, amministratori. Alì chiude la cd. Età dell'Oro: è il più contestato ed apre la scissione tra Sunniti e Sciti.

13) I Sunniti sono i seguaci della corrente di maggioranza dell’Islam. Il nome deriva da sunnah che significa “tradizione” e sunniti sono pertanto i musulmani che si riconoscono nella tradizione.
In realtà, da questo punto di vista, sarebbero sunniti anche gli sciiti che, come tutti i musulmani, fanno riferimento, oltre che al Corano, anche alle parole, alla vita e agli atti (hadit) di Maometto testimoniati appunto dalla tradizione.
Ma la differenza fondamentale fra la componente maggioritaria e quella minoritaria della comunità islamica riguarda la presenza e il ruolo della gerarchia religiosa. L’Islam infatti non è mai stato strutturato come la chiesa cristiana, con patriarchi o papi, ed i sunniti riconoscono come autorità religiosa la comunità dei fedeli, come una forma di autodeterminazione ma nel rispetto dell’affermazione di Maometto: “La comunità dei credenti non si accorderà mai su un errore”.
Gli Sciti riconoscono il diritto di successione alla famiglia di Ali.

14) Dopo ci saranno due dinastie: Omayyadi (661-750) con capitale Damasco, e Abbassidi (750-1258) con capitale Bagdad. Quest'ultima si caratterizza per essere una dinastia più cittadina, per la sedentarizzazione, per la storia letteraria: letteratura di corte, poesie licenziose in cui si esaltano il vino o gli amori illeciti.
I cinque secoli della dinastia abbaside nell'Iraq coincidono con la maggior fioritura della civiltà arabo-musulmana. L'epoca fu contrassegnata dall'affermarsi ai vertici islamici dapprima dell'elemento iranico (specie sul piano culturale) e poi di quello turco (specie su quello militare). Il predominio arabo andò gradualmente e irrimediabilmente attenuandosi fin quasi a estinguersi del tutto, malgrado la dinastia (che dette all'Islam 37 califfi) rimanesse in mano araba fino al definitivo colpo di grazia inferto dai Mongoli.
Ufficialmente il califfato sunnita finì nel 1258, quando i Mongoli distrussero Baghdad e misero a morte l'ultimo abbaside. I califfi della dinastia abbaside del Cairo, furono sotto il controllo dei Mamelucchi.
Da ricordare anche I califfi della dinastia ottomana di Istanbul: l'ultimo califfo ottomano fu dichiarato decaduto da un'apposita Assemblea tenutasi ad Ankara il 3 marzo 1924 su disposizione di Mustafa Kemal Atatürk.

Dal 1969 i paesi musulmani fanno riferimento per la difesa dei valori dell'Islam all'associazione Organizzazione della Conferenza Islamica. Dal 1945 quelli arabofoni fanno anche riferimento, ma essenzialmente politico, alla Lega Araba.

15) Fondamenti dell'Islam: 
Sharia, hariʿah : شريعة, sharīʿa, è un termine generico utilizzato nel senso di “legge” che indica due diverse dimensioni, una metafisica ed una pragmatica. Nel significato metafisico, la sharīʿah, è la Legge di Dio e, in quanto tale, non può essere conosciuta dagli uomini. In questo senso, il fiqh, la scienza giurisprudenziale, rappresenta lo sforzo esercitato per individuare la Legge di Dio, e quindi la letteratura legale prodotta dai giuristi (faqīh, pl. fuqahāʾ) costituisce opera di fiqh, non di sharīʿa.
Fonti della legge islamica sono generalmente considerate il Corano, la Sunna (ovvero gli hadith del Profeta), il consenso dei dotti (ijmāʿ) e l'analogia giuridica (qiyās). La sharīʿa accetta solo le prime due fonti in quanto divinamente prodotte o ispirate.

Muamalat. L’Islam si basa su tre elementi: aqidah (Fede e Credo); akhlaq (Moralità ed Etica); Shari’ah (Pratiche e Attività). Quest’ultima è la legge divina come rivelata dal Corano e dalla sunnah. La Shari’ah si compone in due insiemi di regole: ibadah (riguarda la pratica obbligatoria di preghiera), e muamalat (riguarda gli aspetti di vita quotidiana ulteriori rispetto agli obblighi dell’Ibadah). Parte della Muamalat è relativa ai comportamenti da tenere nell’economia e nella finanza.

16) La fede per i musulmani è basata sui "cinque pilastri".
Per essere un "uomo dell'Islam" si deve possedere perfettamente la fede (īmān) in questi principi ed esercitare il bene e la pietà (birr). Le parole "Islam" e "salam" (pace) hanno la stessa radice consonantica e sono come fuse. L'Islam si configura quindi come "intima pace dell'uomo con Dio" e il mùslim (musulmano) è colui che si affida con pienezza al Signore. Questo fiducioso abbandono è manifestato dal credente assolvendo per quanto può ai doveri espressi dai cinque arkān al-Islām, vale a dire i cinque "pilastri della fede islamica".
Gli arkān al-Islām ("Pilastri dell'Islam") sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:
 la shahāda, o "testimonianza" di fede (affermazione, espressa con retta intenzione, dell'esistenza in Dio Uno e Unico nella missione profetica di Maometto);
 la ṣalāt, preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo del muʾadhdhin (arabo: مؤذن, muezzin) che operano nelle moschee (oggi spesso sostituiti da registrazioni diffuse con altoparlanti);
 la zakāt, (l'elemosina) devoluta volontariamente a persone bisognose, organizzazioni di carità.(daʿwa) [8];
 Ṣawm ramaḍān (arabo: صوم رمضان‎), ovvero digiuno - dal sorgere al tramonto del sole - durante il mese lunare di Ramadan, per chi sia in grado di sostenerlo senza sensibili inconvenienti di salute;
 ḥajj (arabo: الحج‎), pellegrinaggio canonico a Mecca e dintorni, nel mese lunare di Dhū l-hijja, per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.

Alla conferenza hanno fatto seguito numerosi interventi, soprattutto in relazione all’applicazione dei cinque pilastri

2 commenti:

  1. In pochissime ore la giovanissima professoressa Amadessi ci ha fatto una breve ma precisissima sintesi del mondo arabo.
    E' stato un vero piacere ascoltarla e mi auguro che la cosa abbia un seguito, poichè l'argomento è molto vasto.

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  2. Il ricco e articolato intervento della prof. Amadessi ha davvero arricchito la nostra conoscenza di questo mondo così complesso. Speriamo di avere ancora l'opportunità di ascoltarla

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