giovedì 16 febbraio 2012

Saphia Azzeddine, Mio padre fa la donna delle pulizie

Mio padre fa la donna delle pulizieNel 2011 la casa editrice Perrone ha pubblicato Mio padre fa la donna delle pulizie (uscito in Francia nel 2009), di Saphia Azzeddine. L'autrice, nata in Marocco e emigrata in Francia all'età di nove anni, si era già fatta conoscere nel 2008 con Confidences à Allah, romanzo non ancora tradotto in Italia, che ottenne un immediato successo.

Pur essendo di origini magrebine, Saphia Azzeddine non rientra nel cliché tipico del giovane scrittore di banlieue, che racconta con rabbia la propria miserabile vita all'ombra dei mostruosi palazzoni di cemento che oscurano il cielo delle cités, le vaste e desolate aree urbane sparse intorno alle grandi città francesi. Al contrario, Saphia non ha mai vissuto nelle banlieues e non ha mai conosciuto la miseria e l'emarginazione di tanti giovani figli di immigrati.

In Mio padre fa la donna delle pulizie però, la scrittrice sceglie come protagonista proprio un banlieusard, un adolescente che vive in uno squallido casermone, dove l'ascensore è sempre guasto e le scale puzzano di immondizia. Polo, questo il nome del ragazzo, è però un bianco, come dice lui stesso, non un arabo, ma il suo orizzonte e le sue prospettive sono le stesse di tanti giovani figli di immigrati.

Nella generale miseria della sua vita però, Polo ha una grande fortuna: la sera accompagna il padre a fare le pulizie nella biblioteca comunale, per aiutarlo, e così ha la possibilità di leggere e di imparare tante parole e concetti nuovi: trascendente, avversità, astruso, queste alcuni dei termini difficili che Polo impara, uno la settimana: "Mica parole qualunque. Le parole che fanno paura. Quelle arroganti, superiori, sdegnose, trascendenti, [...] quelle che si permettono di avere tre consonanti di fila, come astruso. O addirittura quattro, come  instradare. E non è mica un errore di ortografia." (p.7)

Tanta sapienza, se da un lato lo aiuta a scuola, tanto che Polo può iscriversi al liceo, dall'altro però non lo aiuta a superare i suoi complessi di ragazzino povero e bruttino, innamorato di ragazze che non lo guardano neanche e costretto a inventarsi di essere stato in vacanza in Sicilia, in un fantomatico paese chiamato  Isla di Prosciutto, per non rivelare ai compagni che in famiglia non c'è abbastanza denaro per le vacanze. Con impietosa autoironia, Polo racconta le proprie angustie, i compagni di scuola che lo ignorano o lo prendono in giro, la ragazza di cui è innamorato che si mette con un altro, la sua sessualità ancora acerba che gli pare del tutto inadeguata ("In realtà ce l'ho minuscolo. Non cresce. [...] sembra proprio un cetriolino..." (p. 28)).

A dominare il romanzo è comunque il rapporto che Polo ha con il padre. Mentre la figura materna ha un ruolo marginale nella vita del ragazzo, il padre rappresenta tutto per lui. Polo lo ama con grande tenerezza, ma nello stesso tempo se ne vergogna, perché è un perdente, un poveraccio che fa un lavoro umiliante e sottopagato (la donna delle pulizie, appunto), uno che si lascia strapazzare dai superiori senza protestare e che non ha il coraggio di aprire bocca nelle assemblee dei genitori a scuola, di fronte a gente più istruita di lui. Pur di non deluderlo, però, per paura di essere bocciato all'esame di licenza liceale, Polo si inventa addirittura di avere un cancro (facendosi prestare delle radiografie del nonno di un amico) per commuovere la professoressa di matematica e ottenere così la sufficienza in questa materia per lui ostica.

Come il suo protagonista, il romanzo è irriverente, sarcastico, a volte tenero e sognatore, altre volte crudo e sboccato. Come già detto, inoltre, rovescia alcuni cliché della narrativa francese di origine magrebina: la nazionalità del protagonista, lo sguardo dell'autrice puntato non tanto sugli aspetti socialmente rilevanti della vita nelle banlieues, quanto piuttosto sui travagli e le esperienze tragicomiche dell'adolescenza, il linguaggio molto lontano da quel verlan di periferia così caro ad altri autori. Un romanzo ambientato in una realtà difficile e spesso ostile, dove diventare grandi può costare un prezzo molto alto (le molestie subite da Polo bambino per opera di uno sciagurato parente, la sorella che abortisce a tredici anni), ma che riesce a raccontare tutto questo con incrollabile senso dell'umorismo, sdrammatizzando senza banalizzare né minimizzare, e dove il protagonista conserva, al di là di ogni tragedia, la capacità di prendere in giro se stesso e gli altri.

Saphia Azzeddine, Mio padre fa la donna delle pulizie, Perrone, Roma 2011.

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